Ci eravamo lasciati a Cavalli di Bronzo, con i suoi inaspettati rimandi russi e la sua galleria pronta ad inghiottirci per portarci alla successiva fermata: Portici Bellavista.
Alla fermata, la stazione è pronta ad accoglierci con il trucco appena rifatto, dato che si è appena conclusa una corposa opera di restyling la quale, oltre alle significative misure di manutenzione straordinaria, ha previsto anche una nuova linea estetica grazie al coinvolgimento di Inward, l’Osservatorio sulla Creatività Urbana,[1] e alla mano (e al talento) di Mattia Campo dell’Orto. [2]
L’obiettivo
Obiettivo del restyling è ovviamente quello di riportare in auge la stazione storica di una città di capitale importanza nello sviluppo del sistema ferroviario italiano, attraverso uno strumento estremamente moderno e potente quale la street art e una rilettura in chiave simbolica degli elementi portanti della lunga epopea del treno: il viaggio e la fortuna.
Il Viaggiatore che non ha mai visitato Portici dovrebbe a questo punto risalire sul piano stradale, fare alcuni passi verso via Diaz e fermarsi all’incrocio, guardare a sinistra e poi a destra e, infine, capirebbe.
Capirebbe la bellezza senza tempo di una piccola terrazza sul golfo, sovrastatata da quel piccolo gigante del Vesuvio, talmente vicino che sembra quasi possibilie toccarlo o contargli gli alberi.
Verso il mare
Oppure, verso sera, scendere verso il Granatello, il nostro storico porticciolo settecentesco, prendersi una birra tra i tanti locali della zona e camminare sulla strada superiore verso il faro, ammirando il tramonto sulle luci di Napoli, Sorrento in lontananza e Capri e Ischia, e a far da testimone l’onniprosente Vesuvio che svetta sulla villa d’Elbouef.
Oppure, verso sera, scendere verso il Granatello, il nostro storico porticciolo settecentesco, prendersi una birra tra i tanti locali della zona e camminare sulla strada superiore verso il faro, ammirando il tramonto sulle luci di Napoli, Sorrento in lontananza e Capri e Ischia, e a far da testimone l’onniprosente Vesuvio che svetta sulla villa d’Elbouef.
La storia della ferrovia
Ma Portici non è solo panorami e passeggiate, tra saliscendi che farebbero la gioia dei ciclisti, ma anche storia, cultura e tradizione. Nella storia della circumvesuviana Portici ha senz’altro un posto di fondamentale importanza, dal momento che è proprio qui che l’ormai secolare opera ferroviaria italiana prese avvio con la celebre tratta Napoli-Portici del 1839. Si trattò di un’opera rivoluzionaria, voluta in primis per rendere più agevole il trasferimento del sovrano Ferdinando II e della corte tra le rispettive residenze estive e la capitale (cosa sarebbe l’umanità senza la pigrizia?), intuendo al tempo stesso le potenzialità delle strade ferrate. Quel passato è custodito dal Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa,[3] i cui padiglioni, tra i molteplici frammenti del nostro passato ferroviario, ospitano una ricostruzione storica del primo convoglio della Napoli-Portici nonché la carrozza-salone del treno dei Savoia.
Ma il glorioso passato di Portici è evidente anche grazie alla sua Reggia, che ora ospita la Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, il Bosco Reale e il giardino botanico, nonché la villa d’Elbouef (ora sotto restauro) le numerose ville del Miglio d’Oro, come Villa Savonarola, Villa Fernandes o Palazzo Mascabruno, al cui interno contiene il Galoppatoio Reale, primo esempio di galoppatoio al coperto in Europa (il secondo è a Vienna).
Il feudo
Ma andando indietro nel tempo, come non evidenziare che nel 1699 i cittadini di Portici, insieme ad esempio unico nell’Italia meridionale di emancipazione dal vincolo feudale.[4]
Oppure, il ruolo di Portici nella parentesi della Repubblica napoletana un secolo dopo quando, il 13 giugno 1799, le truppe realiste riuscivano ad impadronirsi del forte del Granatello per poi preparasi all’attacco decisivo verso Napoli.[5] Tra le varie leggende popolari, tra l’altro, si dice che i morti della battaglia infestino ancora molti dei palazzi e ville, come Villa Aversa, Palazzo Lauro Lancellotti o Villa Maltese.[6]
A proposito di tradizioni, invece, spicca la devozione per il patrono della città, San Ciro, festeggiato in due occasioni, ossia il 31 gennaio e la prima domenica di maggio, occasione quest’ultima in cui si tiene una solenne processione e la statua del santo viene portata a spalla per le strade della città da decine di portantini e dalle varie Arciconfraternite religiose, tra drappi e stendardi.
Riflessione
Insomma, Portici è un luogo ricco di importantissimi riferimenti culturali, centrali nello sviluppo della nostra storia e identità napoletana, che aspettano solo di essere visitati.
[1] Interessante la stesura della mappa del writing a Napoli: http://www.inward.it/attivita/mappa-del-writing-a-napoli.
[2] http://www.inward.it/attivita/lopera-di-mattia-campo-dallorto-a-portici
[3] http://www.museopietrarsa.it/
[4] Vorrei ringraziare lo studioso, nonché amico, Gianluca Mazzei per la sua inestimabile opera divulgativa.
[5] https://cronologia.leonardo.it/storia/a1799h.htm
[6] http://www.lospeakerscorner.eu/i-fantasmi-di-portici/